Botswana pt. 1
- Virginia Barchi
- 6 gen 2016
- Tempo di lettura: 4 min
L’esperienza in Botswana è il tema ricorrente che accompagna i miei discorsi quando mi rivolgo a persone che non mi conoscono, è centrale quando parlo dei miei viaggi e del mio percorso da fotografa amatoriale. È un tema che affronto anche con persone che non mi conoscono, credo che parlarne, il modo in cui lo racconto, riveli di me le cose più importanti; il mio amore per i viaggi, il mio rispetto per l’ambiente e la mia passione per la fotografia. Mio zio mi dice spesso che secondo lui ho un grande talento, come fotografa, e che dopo il liceo avrei dovuto coltivare questa passione, dedicarmici appieno. Gli ho già spiegato che la medicina e la fotografia si equivalgono, per me sono sullo stesso livello, ma è ora che ho la possibilità di laurearmi in medicina, la passione per la fotografia posso continuare a coltivarla e avrò sempre occasione di svilupparla. Ho iniziato parlando del Botswana, perché continuo parlando di fotografie? Perché è un collegamento che mi viene spontaneo, perché quando scrivo non penso a dare una struttura alle mie parole, non penso a limitare frasi e pensieri affinché seguino una logica ben definita. Mi piace scrivere per il semplice motivo che possono sentirmi libera nel farlo, che non ho imposizioni o limiti.
L’esperienza in Botswana l’ho vissuta nell’agosto del 2014. Ho vissuto quindici giorni su una jeep da safari e dormito quindici notti in tenda. Il mio bagno spesso era una buca scavata in terra, i miei pranzi delle ricche insalate veloci da preparare, che non c’era tempo di preparare pasti caldi in mezzo alla giornata (macinavamo anche 500 km in un giorno), le mie cene erano pasti caldi a base di carne aromatizzata. L’esperienza in Botswana è stata pura, emozionante talvolta, una prova di coraggio in alcune circostanze, l’espressione del mio irrefrenabile desiderio di conoscere, curiosare, osservare. Ho ampliato le mie conoscenze sulla fauna africana, ho testato le mie abilità di fotografa in un ambiente che non avevo mai avuto l’opportunità di documentare, catturare. I tramonti sul Chobe, in mezzo alla savana, il cielo stellato a Tuli, il tramonto sulla salina di Nata, in cui l’orizzonte scompariva; tutti momenti indimenticabili, unici.
Quest’esperienza è stata emozionante per i tramonti, per il leopardo che mangiava l’antilope nella tranquillità della savana, per le antilopi che richiamavano la loro amica, preda dell’elegante leopardo, per il piccolo di elefante che si nascondeva dietro la madre, per la madre del piccolo rinoceronte, che si è alzato di scatto per un rumore, che era subito pronta a difenderlo, per l’anziano elefante che passeggiava solo, perché conscio di essere ormai prossimo alla morte.
Quest’esperienza è stata una prova di coraggio per la reazione della madre del piccolo rinoceronte, che non avrebbe avuto alcun problema ad attaccarci, per l’elefante che nella riserva di Moremi ci stava per caricare, per il sentiero che al Chobe conduceva dal campeggio all’albergo, rischioso perché dopo il calar del sole potevano uscire dal fiume coccodrilli ed ippopotami, per la mandria di bufali che ci aspettava intorno alle tende al rientro da un safari, per la volta in cui ci siamo arrampicati su un masso e ci siamo sporti per osservare il nido della piccola aquila su cui vegliavano, volandoci sopra, il padre e la madre.
Quest’esperienza è stata rischiosa, a volte, come quando abbiamo rischiato di cappottarci in mokoro perché la nostra driver era donna e al ritrono era molto stanca, come quando, lasciata la strada principale, la jeep che ci portava al mokoro è rimasta bloccata nella sabbia e dopo essere ripartiti si è rotto il cambio, come quando una iena si è avvicinata troppo all’accampamento, come quando al confine, dopo l’ufficio passaporti, abbiamo attraversato un ponte di cemento che era poco più largo del nostro truck.
"I talk about my Botswana experience very often, expecially to people who don't know me well yet, maybe because speaking about it, tha way I talk about it, shows important things about me, about my personality; my love for traveling, my respect for environment, my love for photography.
My uncle often tells me that I have a great talent as a photographer and that after high school I should have choose to study photography. I've already explained him that I love photography but it's now that I can study medicine, I will always have the opportunity to develop this big interest I have for photographs. I've started talking about Botswana, so why am I talking about photography? Because this two things are linked, because when I start writing I do not think about giving a precise structure to my words, I do not think about giving a restriction to my sentences and thoughts to give them a defined logic. I like writing for a simple reason; I can feel free doing it, because I do not have limits.
I lived this experience in Botswana in august 2014, living fifteen days in a jeep for safari, sleeping fifteen days in a tent. The bathroom we used was usually a hole dug in the ground, lunches were rich salads quick to prepare, because we couldn't waste time during the day (we ran 500 km a day), dinners were hot meals with flavored meat.
This experience was pure, exciting sometimes, a test of courage in some circumstances, the expression of my irrepressible desire to know, to learn, to look around and discover new things. I extended my knowledge about african fauna, I tested my abilities as an amateur photographer in a new surrounding which I never had the possibility to document, capture through photographs.
This experience was exciting for sunsets, for the leopard that was eating an antilope in the tranquillity of the bush, for the antilopes calling for their friend, the elegant leopard's prey, for the baby elephant who was hiding behind its mother, for the mother of the little rhino (who jumped up for a noise) who was ready to defend him, for the elderly elephant walking by its own, conscious to be next to die.
This experience was a courage test for the reaction of the little rhino's mother who wouldn't have any problem to attack, for the elephant in Moremi that was charging, for the path that at Chobe National Park leads from the camp to the hotel hall, risky because after sundown crocodiles and hippos can get out of water, for the buffalo's herd awaiting us around our tents, for the time in which we climbed on a boulder to abserve the nest of a small eagle and its mother and father were watching, flying over.
This experience was risky, like when we almost falled in the water (hippos live in the Okavango Delta) while in a mokoro, because our driver was a woman and felt tired, like when a hyena approached to our camp while we were sitting around the fire, after dinner."
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