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Lago di Nebbia - Misty Lake

  • Immagine del redattore: Virginia Barchi
    Virginia Barchi
  • 10 feb 2016
  • Tempo di lettura: 6 min

​Era una di quelle volte in cui abbiamo preso la macchina e siamo andate alla ricerca di foto da imprimere in pixels e pellicole, una di quelle passeggiate di chi osserva con cura, attenta alla luce, la foglia, il dettaglio, il sorriso. Le passeggiate di chi guida per strade statali, curve a gomito, buche, si ferma dove capita, dove è bello scattare foto, che non ci piace l’autostrada perché non ci regala le gallerie che naturalmente si creano dalle fronde degli alberi, perché non ci regala il dubbio che la strada che stiamo percorrendo sia davvero quella da percorrere per raggiungere la meta che ci siamo prefissate. Le passeggiate di chi fa inversione pur di ricercare un attimo sfuggito prima alla vista, per far alzare in volo gli uccelli posati su un campo di terra. Le passeggiate di chi condivide tecniche e consigli, di chi scherza e apprezza la buona musica, di chi ruba momenti di vita in foto fatte di nascosto, di chi non apprezza pose ma piuttosto spontanea gestualità, sorrisi sinceri. Le passeggiate di chi come noi, con una prefissata meta o due, diverse tappe intermedie, quattro corpi macchina, sei obiettivi, un cavalletto, una macchina a rullino e due istantanee, ma soprattutto con Citronella, finisce per trovare angoli d’Italia sconosciuti ai più, per passare giornate piacevoli, in caratteristici abiti estivi a fiori, o in cappotti pesanti, avvolte da calde sciarpe, ma sempre col sorriso sulle labbra, con la macchina al collo, alla ricerca di momenti da imprimere o semplicemente da vivere.



Tra le nostre escursioni fuori porta, ce n’è una che abbiamo fatto qualche giorno dopo Natale, l’intento iniziale era di andare in montagna ma non sapevamo quanta neve avremmo trovato o se Citronella avrebbe potuto sostenere quel viaggio.

Quella volta siamo arrivate in un l​​ago artificiale che volevamo prima fotografare dall’alto di una cittadella che lo sovrasta, e invece tutto quello che abbiamo trovato era un lago di nebbia.



La nebbia offuscava i tormenti che internamente smaniano, nel quotidiano atto di vita. Fuggiti per lo svago, gli animi erano invasi dalla quiete che quel paesaggio suscitava.


Prima di arrivare alla riva del lago ci siamo fermate a fotografare il piccolo ruscello che abbiamo trovato, abbiamo scattato un’istantanea, abbiamo aspettato che si sviluppasse. Dopo di ché abbiamo raggiunto la riva, attraversando uno strettissimo ponte dalle ringhiere rosse, che a mala pena ci passava una macchina. Dopo aver lasciato Citronella sul ciglio della strada, passando tra gli arbusti e cercando di non scivolare sui sassi, con le mani ghiacciate e i piedi intorpiditi, ci siamo affacciate su uno scenario pacifico, una calma piatta. Eravamo ora sotto a quel lago di nebbia che avevamo fotografato precedentemente dall’alto. Eravamo immerse in un ambiente ovattato; ci raggiungevano solo le voci dei pescatori e davanti a noi, oltre alla sagoma di una piccola barca, solo grigio, nebbia, e in lontananza un abbozzo del ponte sulla riva opposta.



Pilastri di nebbia. Sommersa da una beatitudine illusoria, creata dalla calma e dal silenzio, creata dalla monocromia di quel paesaggio, suscitata dall’immobilità dei rami secchi dell’albero che decorava quello scenario, mi ritrovai sospesa in un frammento di vita che sembrava non appartenermi, sconcertata dal confronto con la frenesia che ci affligge nella quotidianità. Un luogo calmo, ma non pacifico e liberatorio come lo era stata la cima che avevamo trovato l’estate scorsa, non pacifico e liberatorio come la cima, perché non solo nostro, perché non introvabile, perché non indescrivibile.


La nebbia sembra avere un potere immenso, il potere di ovattare, che non è poco. Ovatta l’udito, permettendoci di estraniarci per un poco, dando voce ai nostri pensieri. Ovatta la vista, e ci concede di non essere esposti ai mille stimoli e colori che percepiamo e ci confondono nel delicato equilibrio di cui si compone la quotidiana frenesia. Ovatta l’olfatto, inumidendo i polmoni, rinfrescandoci le idee. Ovatta il tatto, velando gli oggetti e le persone, che si dissolvono nella lontananza.

La nebbia infonde in me una sensazione di calma, perché silenziosa, una sensazione di leggerezza, perché basterebbe un po’ di vento (la tempesta che irrompe dentro noi ricordandoci dei nostri tormenti) perché si disperda. Sembra così soffice da farti venire la voglia di tuffartici dentro, ma sai che immergersi in quell’illusoria tranquillità significherebbe ricevere l’istantanea delusione che deriva dall’accorgersi di quanto sia doloroso cadere sull’asfalto.


Il lago di nebbia era denso e rappresentava il velo sotto cui talvolta vorremmo nasconderci, infilandoci nelle acque calme sui cui una barca galleggia, nelle acque in cui vorremmo lasciarci andare, per non subire il trambusto che a riva si svolge. Il lago di nebbia era denso e rappresentava il velo sotto cui ci nascondiamo per ricercare quella quiete tanto agognata. Nebbia come un filtro, come il silenziatore, prima dello sparo, prima di esplodere, per tacere un attimo, quanto possibile, il brusio di sottofondo che appartiene alla realtà.





Ogni gita fuori porta è un viaggio nei sensi, alla scoperta di nuove tecniche, alla scoperta di nuovi aspetti di amicizie intense e variegate, alla ricerca di un luogo in cui poter trovare istanti puri, a contatto solo con la natura, con un vecchio muro crepato, a contatto con ciò che viene a galla solo se ci immergiamo in quel lago di nebbia e oscuriamo gli strati più superficiali della nostra esistenza.


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"It was one of those times when we took the car and went looking for photographs to impress on pixels and films, driving on secondary roads, stopping where it is nice to take pictures; we do not like the highway because it doesn't have galleries naturally created by the treetops, it doesn't give us the doubt that the path we are on is really the one to go to reach the goal that we fixed. The walks of those who share techniques and tips, jokes and of those who appreciate good music, who steals moments of life in secretely-taken-photos, of those who don't appreciate poses but rather spontaneous gestures, sincere smiles. The walks of people like us, with a fixed goal or two, several intermediate stages, four camera bodies, six lenses, a tripod and two Polaroids, but first with Citronella (for those who don't know: it's my car). The walks of people like us who ends up finding unknown corners of Italy, who spends pleasant days, in typical summer dresses with flowers, or in heavy coats, but always looking for moments to impress or (simply) to live.


Between our trips there is one which we did a few days after Christmas, we wanted to go to the mountain but we didn't know how much snow we would have found or if Citronella could sustain that journey. That time we went to an artificial lake, taking photographs from the top of a citadel, and we just found a misty lake.


The fog obscures the torments which internally crave, in the everyday act of life. Escaped for recreation, tempers were invaded by the quiet that this landscape aroused. We reached the shore, crossing a narrow bridge with red railings. We left Citronella on the roadside, passing through the brush and trying not to slip on stones, with icy hands we found a dead calm. We were now in that lake of fog that we had previously photographed from above. We were immersed in a charming environment; we could hear only the voices of fishermen and in front of us only gray, fog.


Fog seems to have an immense power, the power to muffle, which is not cheap. It muffles hearing, it allows us to extrange for a while, giving voice to our thoughts. It muffles the view, and allows us to not be exposed to the thousand tickles and colors we perceive and who confuse us in the delicate balance that makes up the daily frenzy. It muffles smell, moistening the lungs. It muffles touch, veiling objects and people, which dissolve in the distance. Fog looks so soft, making you want to dive in, but you know that as you immerse yourself in that illusionary tranquility, you will instantly receive the disappointment that comes when you realize how painful it is to fall on the asphalt.


The misty lake represented the veil under which we would like to hide to be free from the hustle and bustle that takes place on shore. The misty fog represented the veil under which we hide to search for the long-awaited peace. Fog as a filter, as a silencer before the shot, before exploding, to silence, as long as possible, the background buzz that belongs to reality.

Every trip out of town is a journey of the senses, the discovery of new techniques, the discovery of new aspects of intense friendships. Every trip out of town is a searching for a place where you can find pure moments, in contact with what comes to light only when we dive into that misty lake and obscure the more superficial layers of our existence."


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