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Intimamente uniti da un tacito accordo affettivo

  • Immagine del redattore: Virginia Barchi
    Virginia Barchi
  • 26 apr 2016
  • Tempo di lettura: 4 min



Il suo petto si sollevava mentre riempiva di aria i polmoni, il volto di lui poggiato sull'addome, e quei capelli ricci che le piacevano tanto tra le sue dita. La pelle d'oca per il fresco di quel mattino di primavera, ed il calore del respiro dell'uomo che le accarezzava la coscia.


Non aspettavano nulla, rimanevano in quella tregua dalla realtà, mentre vivevano nel modo più intimo che conoscessero.


Il suo petto si abbassava mentre svuotava i polmoni, lui inamovibile, con gli occhi chiusi ad ascoltarla mentre silente, esprimeva un affetto che solo ora era in grado di dimostrargli integralmente. Un affetto fatto di carezze leggere sulle labbra, ricambiato dai baci sul braccio.


Mentre l'alba si consumava fuori da quella finestra, percepita dal variare dei colori, per lasciare la scena ad un mattino soleggiato, i due amanti si addormentavano in un abbraccio sconnesso.


La maglia del giorno prima era l'unica cosa che era riuscito a trovare nel disordine di un nido che ormai si caricava eccessivamente di un'aria consumata dai loro sentimenti e dal silenzio che prevaleva sulle conversazioni che non intraprendevano per non rischiare di rovinare un benessere a cui si erano tanto affezionati.


Lei rimase distesa, avvolta dal suo lenzuolo rosso. Continuò a riposarsi mentre lui usciva di casa. Scambiarsi il bacio dell'arrivederci non era concesso.

Cercò di cucinarsi qualcosa con gli avanzi trovati in frigo. Fare la spesa era diventato fuori moda, un'abitudine di cui lei non si era mai fatta carico e che lui era spesso riuscito ad evitare portando a casa pizza a giorni alterni.


La bicicletta aveva le ruote sgonfie. Optò per una passeggiata con Scout. Il guinzaglio in una mano, un libro nell'altra. Occhiali da sole ed un vestito indosso. Dopo qualche chilometro, arrivati al parco, si stesero entrambi in terra. Poi le venne in mente di fare una sorpresa all'uomo che non vedeva da sole quattro ore.

Lo avrebbe aspettato sulla panchina all'uscita del negozio in cui lavorava. Sulla stessa panchina su cui avrebbe abbandonato il libro che qualcun altro, passando, avrebbe poi raccolto.


Lui riconobbe il cane. Si chinò ad accarezzarlo e rimase in quella posizione, con le ginocchia a terra. Poggiò il suo viso sulle gambe di lei. La baciò tra le cosce, lei ricambiò poggiando le labbra sul retro del suo collo.

Quando si alzarono si strinsero forte l'una all'altro, cercando di non parlare. Era un impegno che si erano presi senza neanche discuterne. Era venuto da sé. Un giorno avevano semplicemente iniziato a parlare di meno, sempre meno. Ed ora, dopo qualche mese, riuscivano ad intendersi senza dover pronunciare una sola parola.


Qualche ora soltanto e lei sarebbe dovuta andare al lavoro. Passarono a casa, lui le sfilò il vestito di dosso, prese una maglia dal quarto cassetto del mobile all'ingresso e lei, rimasta ferma con le braccia in aria, si fece vestire come fosse stata una bambina. Lui le infilò la gonna da sopra, per comodità, per non farla muovere.

Le infilò quella gonna a fiori dopo averle scattato una fotografia. Una fotografia che la ritraeva con le gambe scoperte e le braccia intrecciate a cercare, in alto, qualcosa che non era ancora in grado di raggiungere. Per questo c'era lui.


Scout le annusò il polpaccio prima che uscisse di casa, con il telefono nella tasca della sua giacca di jeans comprata al mercatino dell'usato del venerdì. Senza chiavi, perché sapeva che lo avrebbe ritrovato in casa ad aspettarla o, per lo meno, ad aprirle la porta.


Cosa facesse mentre lei non c'era poteva immaginarlo.

Delle volte usciva a scattare qualche fotografia mentre, seduto sulla panchina del marciapiede di fronte al palazzo in cui abitavano, con Scout sdraiato sotto le sue gambe, aspettava che qualche personaggio interessante gli passasse davanti.

Un giorno gli era stato chiesto, forse proprio da Clara, come mai non preferisse sedersi sulla panchina dal loro lato della strada.


Da quella panchina, dando le spalle al portone d'ingresso, non l'avrebbe vista arrivare.

Da quella panchina non avrebbe potuto scattare foto che avessero come sfondo la loro casa, la loro storia.

Quella storia che per lui era una costante, nulla intaccava quel legame, né interferiva coi pensieri che lui le dedicava.


Lo sfondo di quelle foto era il gesto d'amore più bello che lui potesse rivolgerle.


C'erano sere in cui Clara rientrava più tardi. Le piaceva rimanere a parlare con qualche ragazzo che la invitava a prendersi qualcosa da bere. Non che lei parlasse di sé, né che avesse davvero voglia di uscire con qualcuno che non fosse Carlo, ma aveva bisogno di nuovi racconti, di nuovi volti da affibbiare ai personaggi delle sue storie.

Quelle storie che scriveva al mattino, quando riusciva a svegliarsi presto.

Quelle storie che cercava di assemblare da più di un anno senza essere ancora riuscita ad amalgamarle tanto bene da poter dire di aver finalmente completato il libro che sognava di scrivere.

Un libro che sarebbe dovuto essere completo, anche se non perfetto.

Un libro che avrebbe contenuto tutto, tutto in una volta.

Poi non ne avrebbe più scritti.


Carlo lo sapeva, e lasciava correre. Anzi, era addirittura felice che lei potesse utilizzare del tempo per stare solo con se stessa. Perché quel tempo Clara lo passava con se stessa, e con nessun altro. Quindi a lui stava bene.


Se rientrava più tardi, Carlo se ne accorgeva dopo il primo quarto d'ora di ritardo. Allora scendeva ad aspettarla sulla panchina. Entravano insieme.


Si baciavano in ascensore. Poi lei saliva a cavalcioni sulle sue spalle. Si facevano così l'ultimo piano di scale verso la terrazza.


Scout era già lì ad aspettarli. La terrazza condominiale era un passaggio obbligato per accedere al loro piccolo monolocale.


Il tempo di entrare in casa e togliersi le scarpe, ed erano già tutti e tre sul letto a farsi le coccole e scherzare, per finire con Scout che si piazzava ai piedi della loro isola felice.


Mentre i due giovani proseguivano con ciò che a due amanti spetta di fare;


amarsi.


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