Fuori dalla cornice
- Virginia Barchi
- 17 mag 2016
- Tempo di lettura: 5 min
"Se volessi iniziare a cercarmi, tra la folla di un concerto, tra le strade di questa sporca città, tra le pagine di un libro su cui ti è caduto del caffè, se dovessi mai iniziare a cercarmi tra le onde del mare al tramonto, tra i fiori viola di una collina sperduta, nelle foto di qualche sconosciuto, nel testo di una canzone che non hai mai sopportato molto, nel discorso di chi ha un ideale preciso, nel sapore dei baci e nell’odore degli abbracci, se dovessi mai iniziare a cercarmi, ti scrivo affinché tu possa trovarmi.
Se volessi iniziare a cercarmi, mi troverai nel sorriso di chi è consapevole che le difficoltà nella vita sono altre, nel sorriso di chi ha il piacere di condividere momenti sinceri, confidenze intime, di chi non si apre con tutti ma nel momento in cui si confida lo fa con sincero trasporto.
Se tu volessi cercarmi e non riuscissi a trovarmi, ricorda di guardare in fondo alla fila, nelle parole di chi si nasconde per modestia ma non ha paura ad affermare la propria opinione, nelle parole di chi non si nasconde ad un confronto, di chi è consapevole che potrebbe uscirne contrariato ma porta avanti conversazioni con chiunque pur di ascoltare pareri diversi dal proprio.
Se volessi partire per cercarmi, prova a farlo nei luoghi nascosti, quelli impraticabili che regalano panorami inimitabili, cercami nelle risate di cui mi vesto quando piove dentro e non voglio darlo a vedere.
Se avessi piacere e uscendo di casa dovessi deviare per venirmi a cercare, prova a guardare i piedi impazienti di chi come me non sa stare ferma al semaforo quando sta alle macchine passare, prova a guardare il naso all’insù di chi ha i piedi ben saldi a terra ma apprezza passare il suo tempo ad ammirare ciò che lo circonda, temporaneamente incurante di ciò che ha a portata di mano.
Se dovessi decidere di metterci tutto te stesso, in questa ricerca, se volessi usare tutti i tuoi sensi e decidessi di impegnarti nell’ascolto, cerca la voce di chi canta nelle sue giornate buone e di chi ammutolisce nelle sue giornate no, di chi alza un po’ troppo la voce per paura di non essere ascoltata, di chi si confida a bassa voce e soltanto con coloro di cui è certa ci si possa fidare.
Cercami pure tra coloro che camminano con la testa bassa per non incrociare gli sguardi degli sconosciuti, perché crede che nel suo sguardo risieda la sua intimità, perché crede che dal suo sguardo traspaiano tutte le sue emozioni.
Cercami insomma tra coloro che vivono lasciando vedere a tutti ma non a chiunque come sono fatti realmente, senza star dietro ad inutili convenzioni sociali, senza seguire formalità che limitano l’espressione dell’individuo, procedure burocratiche che impediscono l’abolizione di distanze futili tra coloro che non si conoscono ancora.
Cercami tra coloro che conservano un piccolo oggetto per ricordarsi di un grande amore, tra coloro che credono fortemente nelle relazioni interpersonali, tra coloro che stanno facendo i salti mortali per salvare un’amicizia.
Se volessi venirmi a cercare, se ti stessi alzando proprio ora dal divano grigio, se scendendo dalla macchina ti venisse in mente di risalire per venirmi a cercare, dicevamo, cercami nelle strade illuminate in cui non passa molta gente, in coloro che vogliono passare inosservati senza però confondersi nell’uniformità della massa.
Se ti venisse in mente di cercarmi, se non sapessi dove iniziare, se dovessi scoprirlo ma non sapessi come fare, se ti venisse l’idea di come si potrebbe fare ma non volessi farlo perché ritrovarmi ti spaventa, cercami nelle opere d'arte di questo museo, nei caffè che non abbiamo preso insieme, nei viaggi che non abbiamo fatto, nei discorsi lasciati in sospeso, nei momenti in cui ci siamo incontrati senza esserci visti.
Potresti cercarmi tra coloro il cui viso è coperto da una macchina fotografica, che è l’unico filtro che interpongono tra loro e la realtà perché per il resto sono diretti nelle espressioni, non usano mezzi termini, non amano lasciare virgole nei discorsi, amano mettere i punti a prescindere che la frase successiva riporti un lieto fine o lo sbriciolarsi di un rapporto.
Se volessi venirmi a cercare non è necessario che tu mi dica chissà cosa, vieni per il semplice motivo di volermi guardare negli occhi per trasmettermi ciò che a parole non hai il coraggio di dirmi."
Non aveva pensato ad altro mentre passeggiava in quella sala. Assorta in quei pensieri si era distratta, perdendo il senso di ciò che stava realmente facendo. Riemersa da quel delirante pensiero, si ricordò dove si trovava. Aveva visitato quel museo una ventina di volte. Era lì che aveva assaporato il sapore degli scatti di Cartier-Bresson, era lì che aveva partecipato a quell'aperitivo con musica jazz mentre passeggiava tra le opere d'arte di qualche surrealista. Era lì che aveva ammirato i capolavori degli Impressionisti, ed era lì che aveva potuto apprezzare i lavori di Escher.
Quel museo era come un rifugio per lei. Amava i musei.
Non aveva pensato ad altro mentre passeggiava in quella sala. Quelle parole originarono spontaneamente in lei. Il suo interlocutore immaginario non era nient'altro che il ragazzo seduto sulla panca della sala affianco. Lo aveva visto tutto assorto a studiare una fotografia di Zizola. La stessa su cui si era soffermata anche lei, rapita da un piccolo particolare; il silenzioso sguardo di un bimbo al suo papà.
Lui si alzò, incurante di cosa poteva essersi scordato sulla panca. Incurante della donna che dietro di lui stava osservando la foto su cui aveva posato lo sguardo per una buona ventina di minuti Si alzò, ed incurante del fatto che aveva ancora delle foto da vedere in quella sala d'esposizione, si diresse nel locale adiacente.
Lei era lì, in piedi, a pochi passi dal muro. Era di spalle, ed era tutta assorta a studiare i particolari di una fotografia; sembrava stesse per entrarci dentro. Appoggiò il palmo della mano destra sul dorso della sua, che le cadeva ai fianchi contornandole il corpo, e con l'altra mano le scostò i capelli, lasciando scoperta una parte del collo. Poggiò le sue labbra umide sulla sua carnagione chiara. Un piccolo schiocco.
Lei rimase immobile. Gli parve che stesse sorridendo, si illuse che fosse così.
Prima di allontanarsi lasciò che una lieve carezza le rimanesse sulla mano, come ricordo di quell'incontro.
Poi appoggiò i gomiti sulle sue gambe, in modo che le sue mani potessero sostenere la sua testa. Con lo sguardo rivolto al pavimento, sorrise.
Sorrise di se stesso, ripensando a ciò che aveva immaginato di fare.
Sorrise al pensiero di come l'aveva amata, e di quanto, in un solo pensiero.
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