Istantanee di vita
- Virginia Barchi
- 2 giu 2016
- Tempo di lettura: 3 min
"Lasciati sorprendere
dall'immensità del cielo in cui
incuranti e mutevoli
le nuvole sospese
cambiano i colori per offrirti
lo spettacolo del tempo."
L'intreccio dei fili di quelle calze che resistevano un giorno soltanto prima di essere bucate da qualche distratto movimento con la mano. Una femminilità che si sforzava di indossare quando era a proprio agio in quel corpo che non le piaceva.
Una carezza per farla sentire apprezzata, nonostante continuasse a non piacersi. Ma a lui piaceva tanto, e a chi importava di quel chilo di troppo quando i risvegli con lei erano i suoi migliori, quando le loro chiacchierate fino a tardi, di quelle che finiscono solo perché ad un certo punto uno dei due si addormenta, erano la migliore valvola di sfogo della sua giornata?!
Accettarsi era difficile, anche se grazie a lui migliorava ogni giorno.
Ma copriva ancora il suo corpo nudo quando la luce entrava dalla finestra lasciandogli la possibilità di scorgere qualche forma che aveva già apprezzato al tatto nel buio della notte appena trascorsa.
Ma copriva ancora il suo corpo sfatto prima di entrare in doccia, per non lasciar trasparire agli occhi di lui neanche una curva.
Ma le piaceva quell'uomo, e le piaceva se stessa quando era con lui. Sentirsi apprezzata per le parole che pronunciava, le discussioni a cui li introduceva. Era questo ciò che la faceva sentire meglio, nonostante le sue insicurezze.
Si erano incontrati per caso in una libreria in centro. Avevano condiviso il tavolino di un bar molto affollato leggendo entrambi il libro che avevano appena acquistato. Si sorpresero dei gusti letterari contrastanti, lui aveva notato dei fogli infilati disordinatamente nella sua borsa. Aveva notato che erano scritti a macchina, e la cosa gli era piaciuta. Immaginava di essere al tavolo con una famosa scrittrice, o con colei che sarebbe potuta diventare tale, un giorno. Lei invece rimase con gli occhi bassi, chiedendosi se il suo abbigliamento risultasse armonioso alla vista.
Rosa si accorse di un rumore familiare e dell'anziano signore che dal tavolo di fronte al loro aveva appena scattato una foto che li ritraeva immersi, ad occhi bassi, ognuno nella propria lettura, ognuno con un grande sorriso stampato sulle labbra. Questo lo sapevano perché quell'istantanea finì sul loro tavolo qualche minuto dopo. Il tempo che il signore impiegò per lasciare qualche moneta sopra allo scontrino e di raccogliere il cappello e la busta degli acquisti.
Ma da quell'intreccio di fili delle calze che indossava con poca spontaneità, si liberava da sola. Non gli permetteva mai di spogliarla, neanche quando a fine giornata, con i piedi doloranti, si infilava negli abiti da casa. Ad Andrea piaceva da matti quando la vedeva sottrargli una delle sue magliette, o una di quelle felpe che le stavano grandi il doppio in cui lei si immergeva con bramosa contentezza. Il più delle volte capitava se restavano in casa perché fuori pioveva, o quando lei si alzava dal letto per spostarsi alla scrivania.
Lui, ancora disteso, la osservava, mentre aggiustava sotto alla sua testa i cuscini di cui era pieno il loro letto. Quel letto sopra al quale era appesa lo loro prima ed unica foto insieme. Allora la guardava mentre silenziosamente estraeva dal cassetto una risma di fogli; ne cercava di puliti. Poi avvicinava a sé la sua macchina da scrivere, la preparava e si fermava.
Si fermava a cercare nelle nuvole mutevoli un'ispirazione in grado di portarla a scrivere qualcosa degno di quel pezzo di carta.
C'erano volte in cui rimaneva semplicemente fissa con lo sguardo fuori dalla finestra, e poi lasciava al tempo la possibilità di scorrerle accanto senza che lei facesse un movimento.
E quelle volte riponeva al loro posto tutte le cose che aveva tirato fuori e si alzava.
Senza aver scritto niente, senza aver trovato una parola che meritasse di essere scritta, sentendosi poco meritevole di scrivere una storia che non era ancora in grado di raccontare.
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