Dettagli ispiratori
- Virginia Barchi
- 5 ago 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Seduta al tavolo in terrazzo, immersa tra le sue carte sporche di inchiostro e grafite, con le spalle alla finestra, non si accorse dell'arrivo di Riccardo.
Le lasciò una tazzina piena della sua droga preferita sul tavolo, centrale abbastanza da fare in modo che non se ne scordasse, affinché non finisse per bere un caffè ormai freddo una volta accortasene. Con l'altra mano, delicatamente, le carezzò la spalla.
Prima di uscire, avvicinatosi per salutarla, le lasciò un fiore appena raccolto dal davanzale della finestra sul suo blocco di appunti.
Nient'altro poteva renderla felice, nient'altro più di una margherita gialla come buongiorno.

Trovava l'amore in tutti quei piccoli gesti che le venivano rivolti.
Trovava l'amore anche nel prezzemolo che il pescatore al banco del mercato le metteva nella busta in ultimo. Trovava l'amore anche nella carezza che un gatto di strada veniva a chiederle.
Le piaceva pensare che l'amore fosse in tutto ciò che la circondava, per spogliare quella parola della superficiale convinzione diffusa che l'amore sia solo ciò che si può trovare tra una coppia di innamorati.
Trovava l'amore anche nella gara a chi arriva per primo di un padre che accompagna suo figlio a scuola.
Trovava l'amore anche solo nel fatto che lei stessa riuscisse ad emozionarsi per il più banale dei dettagli.
Le piaceva cercarlo ovunque, le era utile per rendere migliori le sue giornate e più ispirati i suoi romanzi.
Trovava l'amore in una confidenza tra amici, in una risata sentita, in un empatico abbraccio.
Riusciva a trovare l'amore anche in una ciotola piena di pop-corn preparati per cena.
Lei stessa, dopo aver assorbito tutti i particolari che aveva potuto memorizzare, utili per le sue creazioni, diventava oggetto di ispirazione per Riccardo.
Quella voglia di vivere assorbendo amore ovunque ce ne fosse, diventava protagonista delle canzoni che lui componeva seduto al pianoforte, l'oggetto di arredo più grande che avessero in casa.
Una casa a cui era stato chiesto di sacrificare tanto spazio al fine di ospitare il tempio in cui lui si rifugiava per cercare risposte agli interrogativi che lo soffocavano.
Interrogativi sulla sua identità, su quale fosse la meta che voleva raggiungere, dubbi sull'effettiva esistenza di questa meta.
Interrogativi che solo la musica poteva decifrare, che lui sentiva di riuscire a tradurre solo attraverso le note di quel pianoforte.
Interrogativi ai quali, pur non riuscendo talvolta a trovare soddisfacenti risposte, la musica era in grado di dare una forma capace di materializzare, per estrapolarli dal loro astrattismo, i pensieri che imprigionano la mente di un uomo rendendola incapace di agire razionalmente, rendendola incapace di progredire.
Avvolta in un maglione largo, con le gambe accovacciate ed i capelli raccolti, Lisa passava intere giornate sul tavolo in terrazzo.
Scriveva di ciò che aveva visto in strada, di ciò che avrebbe voluto vedere, ispirata a sua volta dalla musica che, spontanea, nasceva dalle mani dell'uomo che era riuscita ad aiutarla. Colui che era riuscito a trarla in salvo dopo essersi fatta trascinare in un vortice oscuro dalle emozioni negative di cui la sua mente si era impregnata.
Mentre lui era ancora al lavoro, intento a trasformare i suoi tormenti in arte, impegnato in un percorso che lo avrebbe trattenuto per anni, lei aveva già fatto di quel suo doloroso (ed ormai passato) sofferente ricordo, il punto di partenza per ciò che ora era l'unico modo che conosceva per esprimersi.
Aveva fatto di quel dolore una forza, aveva trasformato le emozioni in parole, i sentimenti in colori, riuscendo a far volgere in suo favore una situazione mostratasi così invadente da farle credere, tal volta, che non ne sarebbe mai uscita.
Aveva scritto delle sue peggiori paure, e delle sue emozioni più tenere.
Aveva scritto nei treni in ritardo e nelle attese sui marciapiedi.
Aveva scritto nelle sue notti insonni ed ai semafori rossi.
Aveva scritto parole sconnesse per riordinare un poco quelle storie che l'avevano vista coinvolta.
Aveva scritto di ciò che l'aveva tanto tormentata, non avendo mai scritto, prima, di altro.
Aveva scritto del suo tormento, e grazie a questo aveva imparato a scrivere anche di tutt'altro.
Aveva scritto di ciò che l'aveva tanto tormentata ed aveva avuto paura di arrivare alla conclusione.
Aveva scritto per cercare di colmare, per quanto possibile, quel vuoto che quegli eventi avevano scavato in lei.
Aveva scritto e continuava a farlo, e ciò riusciva a renderla, finalmente, viva.
Comentários