Incontri - Tiziano
- Virginia Barchi
- 23 set 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Tornava da un viaggio della cui ipotesi mi aveva parlato mesi prima. Lui è uno di quegli amici che conosci in un viaggio per caso, una di quelle persone che conosci e con cui ti trovi subito bene.
I viaggi hanno questa incredibile capacità di amplificare tutte le emozioni positive. Con lui mi sono sempre trovata bene. Insomma, è uno dei miei amici dei viaggi.
Il problema sta nel fatto che non ci si frequentava da un po', un paio di anni. Certo è che ci eravamo rivisti in qualche occasione ma non eravamo mai stati noi a crearla. Ero certa che fosse già tornato, che fosse passato il giusto tempo dal rientro in cui aveva avuto la possibilità di elaborare il tutto. La stanchezza, le emozioni, il bagaglio con cui era tornato. Ero certa si fosse riambientato ai suoi spazi.
Lo contatto per sapere come sia andato il viaggio. Stava giustappunto selezionando le foto da stampare. Allora avevo ragione, aveva rielaborato. Era stupito ma credo fosse contento di notare quell'interesse da parte mia. Volevo che mi raccontasse, per poter vivere anch'io un po' di quell'esperienza. Per arricchirmi dei dettagli di una cultura a me sconosciuta, lontana da noi. Per arricchirmi di nuovi scenari in cui ambientare i miei sogni, di nuove foto da ammirare.
Ci incontriamo in quello che una volta era il bar del liceo che però si è trasferito. Supponiamo abbiano cambiato gestione, i ragazzi che conosciamo non sono dietro al bancone come ci aspettavamo. Ci sediamo dentro poco fiduciosi che il tempo possa reggere, il cielo sembra minaccioso. L'antipasto di quell'incontro è servito con foto randomiche sulla sua vita che ha fatto stampare insieme a quelle del viaggio. Ma più le scorro e più mi sembra che lui voglia accelerare i tempi ed arrivare al dunque; non gli interessa altro se non raccontarmi del viaggio.

Per farlo servono le altre foto. Quella trentina di immagini selezionate accuratamente contenute in una busta di carta diversa dall'altra che invece le contiene tutte, come fossero un piccolo tesoro. Il formato è il classico, la stampa è lucida. Dice che forse avrebbe preferito fossero state opache. I proprietari del locale sembrano essere prossimi alla chiusura. Chiediamo conferma delle loro intenzioni. Per fortuna, o sfortuna, le foto sono quasi finite. Erano in ordine sparso ma sul tavolo seguivano un filo logico.
Tiziano mi ha raccontato i dettagli delle storie dietro le fotografie, mi ha rivelato curiosità nascoste all'obiettivo, ha incastrato i pezzi della sua avventura.
Ha posato ogni foto in un punto particolare del tavolo in modo tale che io potessi seguire la storia nel modo meno confuso possibile. Eppure i racconti erano tutti mescolati in un grande alone di emozione che, lo sentivo, trascinava con sé le parole che pronunciava.
Mi sono interessata ad ogni dettaglio, ogni foto, ogni volto, ogni particolarità. Ho immaginato gli incontri vissuti, ho fantasticato sui luoghi che neanche lui ha visto, immaginandomi un mondo lontano che continua a vivere anche quando non ci pensiamo. Ho stimato il coraggio che ha avuto quando ha deciso di partire da solo, ho riso con lui quando ha ammesso dell'errore che ha fatto quando non ha pensato che avrebbe potuto portare una tenda, per ogni evenienza.
Per mischiare un po' le culture e confonderci le idee siamo andati a mangiare (due come noi non potevano fare altrimenti) in un ristorante di cucina messicana. La mia femminilità (della cui esistenza non ci sono tracce registrate) si è persa quando per mangiare mezzo burrito ho sporcato ovunque. Ci siamo inchinati alle piante che sporgevano sul marciapiede in cui abbiamo passeggiato per smaltire la cena e preparare il nostro fisico al gelato che avevamo intenzione di prenderci. Nel frattempo abbiamo organizzato il nostro prossimo viaggio, con tutto che sembravo una pazza. Lui intanto cercava disperatamente di rievocare nella mia memoria una foto (che poi non è riuscito a ritrovare) in cui posavo come fossi stata un airone.
C'era qualcosa di delirante, allora come in quel momento, a ripescar ricordi assurdi. Il gelato ce lo siamo gustati su una sedia da giardino col computer sulle ginocchia, in mezzo ad un marciapiede forse troppo illuminato.
Col computer sulle ginocchia perché il racconto non era finito e voleva integrarlo con tutte le foto che non aveva stampato. Non potevo essere più felice.
La condivisione di certe esperienze mi trova sempre molto disponibile all'ascolto, sempre pronta a ripescare nei bagagli che mi sono trascianata dietro dai viaggi che ho fatto, emozioni affini a quelle che il mio interlocutore riesce a suscitare. Un incontro come altri, un incontro variegato e per niente monotono. Un'amicizia tra i viaggi di una vita.
Alla fine non ha piovuto.
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