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Scordato dal tempo

  • Immagine del redattore: Virginia Barchi
    Virginia Barchi
  • 28 ago 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Ho sperimentato un nuovo innamoramento e ho trascorso due giorni a suonare, riprovare per perfezionare quella canzone che potrebbe essere la sintesi perfetta se non l'epilogo di quell'altro mio innamoramento. Un filo tra i due è un pianoforte nero con su appoggiato qualcosa.

Un pianoforte nero scordato dal tempo e da chi era solito suonarlo, un pianoforte nero coi tasti pesanti consumati da mani abili nel danzarvici sopra, con la grazia di una ballerina che sicura poggia il peso su quella punta, annerita dal troppo ballare.

Un pianoforte nero che andrà ricollocato, ad accogliere chiunque entrerà da quella porta. Mi sono immaginata di poter tendere un altro filo tra questi miei innamoramenti, di far suonare il piano da quelle mani abili nel danzarvici su, che non son le stesse di chi ha consumato i tasti di questo tesoro ritrovato.

Mi sono innamorata anche grazie a lui...

Se ne stava timido dietro alla porta ad assaporare tenero i raggi tiepidi di quella giornata d'inverno, stagione per la quale s'era procurato un drappo rosso molto teatrale per coprirsi dagli spifferi di vento che osavano varcare i bordi che di quegli infissi non combaciavano.

Se ne stava lì ad aspettare ed aveva richiesto che sopra di lui venisse posto un quadro, così da dimostrare una modestia che in pochi gli avrebbero attribuito; sapevan bene tutti, e lui per primo, che coloro i quali fermavano i loro piedi senza proseguire oltre le mattonelle antistanti ad esso, non facevano altro che ammirarne la bellezza, nè del quadro, né tanto meno della sua cornice, ma la sua maestosa e saggia bellezza, attribuibile solo a quegli oggetti datati vissuti davvero.

Eppure le spennellate violentemente tirate su quella tela resa ormai secca dal tempo, e quei ricami pazientemente creati su quel drappo così teatrale, vistoso nel suo colore sangue vivo, reclamavano l'attenzione di chi ne aveva solo per quelle quattro assi di legno nero incastrate tra loro sopra cui erano poggiati, abbandonati forse ad un destino migliore di un pavimento impolverato, ma pur sempre abbandonati in una locazione che mai gli avrebbe reso giustizia per la loro unica bellezza.

Scritto in aprile


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